Anniversari Nazionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri
Regione del Veneto
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Regione del Veneto

1918 - 2018

DALLA
GRANDE GUERRA
ALLA TEMPESTA VAIA

Nell’Ottobre 2018, la tempesta Vaia ha sfregiato alcuni simboli della nostra memoria, proprio nel centenario della fine della Prima Guerra Mondiale. Ne è nata un’iniziativa, delineata e condivisa tra Regione del Veneto e Presidenza del Consiglio dei Ministri, volta a valorizzare i territori colpiti da Vaia in memoria della Grande Guerra.

Sono stati realizzati ventuno progetti con lo scopo di riqualificare e rigenerare le aree colpite e sia di creare intorno a questi luoghi molteplici occasioni di riflessione.

STORIA · NATURA · MEMORIA
Dalla Grande Guerra alla Tempesta Vaia

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S T O R I A

La Grande Guerra sconvolse la vita di milioni di uomini e cambiò in modo definitivo il volto dell’Europa. Combattuta ad alta quota nei nostri territori, scoppiò nel 1914. Fin dal principio fu un conflitto durissimo, allargandosi poi a macchia d’olio fino a coinvolgere tutti i grandi Stati. Sulle nostre montagne ne rimangono le tracce più rilevanti, quelle incancellabili e ben visibili, anche se sono trascorsi più di cento anni dalla fine di quel tragico evento. Questi terribili accadimenti occupano uno spazio fondamentale nella memoria collettiva degli italiani, e indelebili sono i segni rimasti in Veneto. Chi conosce il nostro territorio sa che ovunque si possono incontrare forti, trincee, postazioni, sentieri, sacrari, cimiteri, tracce dei combattimenti. Luoghi scavati da soldati provenienti da ogni parte della Penisola, che hanno visto scorrere il sangue di migliaia e migliaia di giovani vite. Luoghi che toccano il cuore e nei quali è possibile ancor oggi respirare un’atmosfera sorda che travolge di emozioni. Allo stesso modo, radicato è il ricordo nelle persone, tramandato oralmente di generazione in generazione oppure attraverso la letteratura, l’arte, il cinema. Tanto si conserva nei Musei della Grande Guerra, molto altro va protetto e salvaguardato direttamente nei “luoghi della memoria”, contraddistinti da un forte potere evocativo.

Rifornimento idrico Pusterle
Foto: archivio Museo Siben Alte Komoine

1917 - Galleria lungo la mulattiera dei Becchi d’Imposponda ad ovest di Forcella Piccola
Foto: archivio A. Alpago Novello conservato presso Fondazione G. Angelini

La Regione del Veneto, a fronte di tutto questo, ha sentito l’esigenza di attuare una strategia di intervento di ampio respiro che potesse “mettere a sistema” le testimonianze della Grande Guerra in Veneto con la finalità di proteggere e trasmettere i valori umani e civili espressi nella memoria del conflitto bellico, coinvolgendo, con un approccio emozionale oltre che storico, un bacino d’utenza quanto più ampio e diversificato. Soprattutto nel periodo dal 2015 al 2018, un insieme di iniziative per il Centenario sono state coordinate dalla Regione del Veneto in un percorso volto alla diffusione della conoscenza per aumentare la consapevolezza del significato storico, sociale e umano del conflitto. Occorre evidenziare ciò che di positivo deriva dopo la fine delle guerre: gli straordinari valori della pace, del vivere civile, delle relazioni tra i popoli, virtù fondanti della nostra società. Ricordare tutte le vicende – politiche, culturali, civili – legate alla Grande Guerra, e insieme ad esse il sacrificio e la sofferenza dei soldati e della popolazione, sta alla base di un processo di costruzione anche dell’identità europea.

Forte Verena
Dove il 24 maggio 1915 alle 3.55 partì il primo colpo di cannone che segnò l’inizio Della Prima Guerra Mondiale per l’Italia
Foto: archivio Museo Siben Alte Komoine

L’impegno profuso dalla Regione del Veneto in questi anni di celebrazioni, è proseguito oltre il 2018, anche grazie al programma “Vaia / Grande Guerra” avviato in accordo con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale. Un ulteriore progetto, avviato dopo il manifestarsi di un evento naturale cataclismatico, affinché la nostra storia possa radicarsi ancor più nel territorio del Veneto, in modo che cittadini e visitatori possano definitivamente appropriarsene. La valorizzazione ramificata dei territori che furono teatro bellico ha inteso accrescere un interesse duraturo per itinerari, percorsi e monumenti (per i quali, laddove necessario, è stato sostenuto il recupero), dal punto di vista della fruizione e dell’attrattività, in un’ottica generale di integrazione fra patrimonio storico-culturale e flussi di visitazione. Il progetto vuole porsi come qualcosa di duraturo, che non abbia una valenza solo rievocativa, ma anche culturale, paesaggistica e turistica. Solo così il retaggio di quel prezioso patrimonio di valori, ideali e virtù civiche lasciatoci da quella generazione di combattenti e di vittime della guerra, potrà costituire per i veneti motivo di riflessione e valido aiuto per costruire un futuro migliore, di pace, di libertà, di giustizia, di progresso.

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N A T U R A

Il Veneto ci offre una natura straordinaria, così ricca è variegata che è forse unica al mondo: pianure, colline, laghi, fiumi, torrenti, cascate. In questo sconfinato panorama di rare bellezze, i monti rivestono un ruolo di primaria importanza: un’estensione di 5.350 km2 (circa il 30% del nostro territorio) con cime che spesso superano i 3.000 m s.l.m., dove la Punta Penia nella Marmolada, regina delle vette, raggiunge i 3.342 m di altezza. Nel giugno del 2009, in considerazione della loro unicità e bellezza paesaggistica, nonché della loro importanza geologica e geomorfologica, le Dolomiti sono state dichiarate Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Oltre alle Dolomiti bellunesi, che rappresentano circa il 70% dell’estensione montuosa totale del Veneto, con aree altamente turistiche come il Cadore, il Comelico, l’Ampezzano e l’Agordino, la nostra regione offre molte altre zone importanti, dalle Alpi Carniche alle Prealpi, dalla Lessinia all’Altopiano di Asiago, dal Monte Grappa al Cansiglio. Le montagne del Veneto, da millenni, non solo segnano il confine della nostra regione, ma sono un ponte verso altri territori: qui si sono instaurate relazioni di amicizia e fraternità con un proficuo scambio di merci e culture. Ma questi stessi monti sono stati anche scenario di numerosi scontri, come nel caso della Grande Guerra, o di eventi straordinari.

2018 - Danni provocati dalla tempesta Vaia in Val Visdende
Sullo sfondo il Monte Curiè e Forcella Zovo
Foto di Giulia Corradini - Archivio Fondazione G. Angelini

Opera: “Vaia” di Ottavio - 2022
Tecnica mista su carta

Tra il 27 e il 30 Ottobre 2018, forti venti di scirocco con raffiche superiori ai 200 km/h e piogge torrenziali, di 700 mm in soli tre giorni, hanno devastato ampie zone delle Alpi orientali, arrecando consistenti danni al patrimonio forestale del Veneto, in particolare nelle zone montuose del bellunese e dell’alto vicentino. Questo drammatico fenomeno, noto come “Tempesta Vaia”, è stato il più impattante tra quelli di cui si abbia memoria nel Triveneto e rappresenta il primo evento di tale entità che abbia mai interessato il nostro Paese, colpendo aree attive e popolate e determinando, di conseguenza, significative ricadute economiche e sociali, con un triste tributo di 8 vite perdute. Molta parte del territorio distrutto era costituito da boschi monospecifici e coetanei, risultato di rimboschimenti realizzati nel periodo post-bellico; eppure, dinanzi a venti di tale intensità, è verosimile che nessuna strategia selvicolturale, per quanto accorta, possa essere garanzia di resilienza. Le zone più colpite del Triveneto sono state l’Altopiano dei Sette Comuni (in particolare la Piana di Marcesina e la Val d’Assa), tutta la Val Visdende, l’intero Agordino (Alleghe, Canale d’Agordo compresa la Valle di Gares, Colle Santa Lucia, Falcade e la Valle del Biois, Rocca Pietore e l’intera Valle di San Lucano in comune di Taibon Agordino), il Lagorai, l’area del Lago di Carezza, la Val di Fassa e l’Altopiano di Piné.

2018 - Danni provocati dalla tempesta Vaia in Val Visdende
Foto di: Giulia Corradini - Archivio Fondazione G. Angelini

In Veneto, subito dopo la tempesta Vaia, è stata calcolata una prima stima sommaria dei danni al fine di gestire con celerità la fase emergenziale, ma solo molti mesi dopo si sono rese disponibili basi di dati tele-rilevati, tali da consentire un monitoraggio più preciso degli schianti. Secondo le cifre più accurate, l’uragano ha spazzato via una superficie boschiva pari a 70.000 campi da calcio, abbattendo più di 15 milioni di alberi e arrecando danni quantificati in una cifra di circa 1.700 miliardi di euro. In una sola notte, si è perso il volume di legname pari a 7 anni di tagli boschivi operati sull’intero territorio nazionale. Abitazioni e infrastrutture crollate, frane, strade interrotte, ospedali isolati, scuole e ferrovie chiuse, interi paesi senza energia elettrica o rete telefonica, laghi interrati e ambienti naturali devastati irrimediabilmente. Tuttavia, dopo l’incredulità e il dolore di vedere un’altra volta le nostre montagne ferite così profondamente, tutti si sono dati da fare per ricostruire in fretta quanto è andato perduto. Istituzioni nazionali, Regione, Comuni, Province e Associazioni si sono uniti con determinazione con l’obiettivo di rigenerare i territori colpiti dalla Tempesta Vaia e garantire prima di tutto l’incolumità umana e la possibilità di spostamento tramite il ripristino della viabilità. Per questo, e per non trovarsi impreparati per il futuro, la Regione Veneto ha finora messo in atto un piano di interventi straordinario, con oltre duemilacinquecento cantieri aperti per un valore complessivo di quasi un miliardo di euro.

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M E M O R I A

Le numerose, significative immagini che caratterizzano questo volume colpiscono il lettore e suscitano riflessione più di qualsiasi testo scritto. Questa scelta trova un’autorevole giustificazione già nel pensiero aristotelico: la memoria, anche quella delle cose note, non è senza immagini (De mem. 449 b 30). Ancor prima Platone aveva trattato il tema della memoria (mnéme), con un particolare interesse alla anàmnesis, la reminiscenza di altre vite e di altri mondi. Ma anche tralasciando i filosofi antichi, per citare tutti coloro che hanno trattato il tema della memoria, siano filosofi, psicologi, medici, storici, non basterebbe una vita. Tuttavia, in questa brevissima apologia della memoria, è utile ricordare la semplice ma illuminante spiegazione che Sigmund Freud dà alla perdita della memoria: noi dimentichiamo per non soffrire; le nostre amnesie (letteralmente “privazioni di ricordi”) tendono a cancellare fatti dolorosi, traumi ed eventi ad essi associati, anche quando semplicemente dimentichiamo dove abbiamo messo le chiavi di casa. Le tesi e anche le espressioni freudiane sono ormai entrate nel linguaggio quotidiano, spesso diciamo “ho rimosso”, quando non ricordiamo qualcosa. C’è però un pericolo nel rimuovere: quello di incorrere nei medesimi errori che avevano causato gli eventi dolorosi, quegli stessi che sono “da dimenticare”.

E si entra così nella spirale delle ripetizioni: si ripetono i comportamenti che generano guerre e disastri ambientali, non si apprende nulla dalla magistra vitae e ci si giustifica con la ciclicità della storia e dei cambiamenti climatici. E anche questa coazione a ripetere, che è dovuta a ignoranza, alla paura irrazionale di affrontare i problemi, al desiderio di dimenticare, è stata studiata da Freud nell’ambito della nevrosi. Se invece si fa strada il senso delle proprie responsabilità verso il futuro, allora la memoria diviene coscienza, come ci disse Henry Bergson:

Mais sans donner de la conscience une définition qui serait moins claire qu’elle, je puis la caractériser par son trait le plus apparent: conscience signifie d’abord mémoire

Ma senza dare una definizione della coscienza che risulterebbe meno chiara di essa stessa, pos- so caratterizzarla per il suo tratto più evidente: coscienza significa innanzitutto memoria

e ancora:

Mais toute conscience est anticipation de l’avenir. Considérez la direction de votre esprit à n’importe quel moment: vous trouverez qu’il s’occupe de ce qui est, mais en vue surtout de ce qui va être. L’attention est une attente, et il n’y a pas de conscience sans une certaine attention à la vie. L’avenir est là; il nous appelle, ou plutôt il nous tire à lui.

2018 - Danni provocati dalla tempesta Vaia in Val Visdende
Foto di: Giulia Corradini - Archivio Fondazione G. Angelini

Ma qualsiasi coscienza è anticipazione del futuro. Considerate in che direzione va il vostro spirito, non importa quando: scoprirete che si occupa di ciò che è, ma soprattutto in vista di ciò che sarà. L’attenzione è attesa e non c’è coscienza senza attenzione alla vita. Il futuro è là, ci chiama o, piuttosto, ci attrae.

Non dimenticare, cercare le cause non è solo un dovere verso il futuro e le future generazioni ma anche verso la verità: l’etimologia ci ricorda come alétheia (ἀλήθεια), in greco “verità”, significhi “non dimenticanza”, quindi “memoria”.