Occorre sottolineare infatti che la tempesta si è abbattuta su un territorio che vede da decenni le terre alte spopolarsi progressivamente a favore dei fondovalle prealpini e ha segnato un confine netto tra un “prima” in cui i luoghi e le cose avevano un aspetto e un significato e un “dopo” nel quale tutto è stravolto e le persone si sentono più vulnerabili, senza più padronanza degli eventi, incerte sul futuro.
Il progetto era suddiviso in due azioni principali tra di loro intrecciate: da un lato la ricerca antropologica e dall’altro la realizzazione di un documentario. Il rilevamento è stato condotto sul terreno da due antropologhe, Iolanda Da Deppo e Daniela Perco, secondo i metodi della ricerca etnografica, attraverso l’uso dell’intervista rivolta a decine di persone tra cittadini comuni, amministratori e volontari che hanno vissuto in prima persona la tempesta Vaia. L’intento era quello di far emergere il punto di vista delle comunità locali, anche nell’ottica di un confronto con ciò che i mass-media hanno veicolato intorno a questi argomenti. Alla ricerca sul terreno si è affiancato lo spoglio di numerosi materiali a stampa e sul web, di carattere scientifico e giornalistico. Le decine di interviste finora raccolte hanno dato vita ad una specifica sezione dell’Archivio delle fonti orali del museo e i risultati complessivi della ricerca saranno sintetizzati in un volume che verrà pubblicato l’anno prossimo.
La seconda attività è stata portata a termine dal regista Michele Trentini che ha realizzato una ricerca in ambito antropologico visuale, concretizzata in alcune video interviste, alcune delle quali realizzate in collaborazione con le ricercatrici, e in tre documentari. Il regista ha scelto di girare la maggior parte delle interviste all’aperto, all’interno del bosco o negli spazi aperti trasformati dalla tempesta Vaia, utilizzando ceppi e tronchi come punti di appoggio. In questi casi immagini e suoni d’ambiente forniscono interessanti informazioni sul contesto di ricerca e sui territori indagati. La realizzazione delle interviste è stata finalizzata prioritariamente alla realizzazione dei documentari, il principale dei quali, girato in Val Visdende, è “Paesaggio fragile”. Presentato in anteprima al Festival Cinemambiente di Torino, ha poi partecipato al Clorofilla Film Festival di Legambiente, a Ortometraggi Film Festival e al Dolomiti Film Festival, ottenendo di recente il Premio Speciale della Giuria al Luoghi dell’Anima – Italian Film Festival, dedicato alla valorizzazione del paesaggio.
Molte delle questioni e dei temi trattati in questo documentario sono intimamente legati al contesto della Val Visdende, ma intendono rappresentare anche altre aree montane colpite da Vaia. Le riflessioni appartengono in buona parte a Giuseppe Pradetto Cignotto, boscaiolo, casaro e allevatore, uno dei più anziani abitanti della valle, presente con il figlio e il bestiame la sera e la notte della tempesta.
Il secondo documentario, “Vaia / due racconti”, si basa su due testimonianze raccolte in contesti differenti, quella della guardia boschiva Fermo Pomarè, in Val Visdende, e quella di Matteo Melchiorre, intervistato da Daniela Perco nei pressi di Tomo, paese situato ai margini di Feltre, dove Vaia si è abbattuta nel contesto urbano, modificandone per sempre il paesaggio vegetale.
Il terzo lavoro, intitolato “Duecento metri”, è nato dalla collaborazione di Michele Trentini con Marco Toffanin, con cui collabora all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Scienze per il Paesaggio dell’Università di Padova. Il cortometraggio mette in primo piano la toccante testimonianza della cadorina Sandra Sacco.